John Francis Lane, Inner Voices, “Plays and Players 2”, novembre 1977, p. 37.

The Inner Voices are the voices of conscience and make this one of De Filippo’s most moralistic works which only on the surface seems like a farce in typically Neapolitan fashion but, with its ambiguities and unanswered questions, enters Pirandello territory.

Published in: on 22 novembre 2008 at 02:35  Lascia un commento  
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Vito Pandolfi, Un umorismo doloroso, “Sipario 119”, 1956, p. 3.

La guerra e i suoi sconvolgimenti lasciano profondamente turbato Eduardo – che è il primo autore italiano, e tra i pochi a darne direttamente conto. Ricordo la prima di Napoli milionaria! e l’impressione che destò il suo riferirsi senza equivoci ad una realtà ancora così scottante, soprattutto nel primo atto, forte di un’evidenza scenica senza pari, di una schiettezza senza ambagi.

Published in: on 21 novembre 2008 at 17:15  Comments (3)  
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Titina De Filippo, cit. in Augusto Carloni, Titina De Filippo, Milano, Rusconi, 1984, p. 96.

[Titina De Filippo,  racconta cosa successe a seguito della marcata interpretazione della battura di Ciampa nel Berretto a sonagli ]  “Sono i bocconi amari, le ingiustizie, le infamie, le prepotenze, che ci tocca d’ingozzare che c’infracidano lo stomaco! Il non poter sfogare, signora!” [Luigi Pirandello, Berretto a sonagli [1917], Milano, Mondadori, 1963, Atto Secondo, p. 57 ].

Dopo lo spettacolo i fascisti salirono in palcoscenico “per dare una lezione” a Eduardo e Peppino, i quali, però, appena calato il sipario, senza nemmeno struccarsi e cambiarsi d’abito, avevano lasciato il teatro da una porta secondaria […]. Il giorno dopo Eduardo e Peppino vennero a sapere che stava per essere spiccato un mandato di cattura nei loro confronti.

Published in: on 21 novembre 2008 at 17:08  Lascia un commento  
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Eduardo De Filippo, intervista con Giorgio Prosperi, “Il Mattino”, 17 febbraio 1974.

Rifare sempre gli esami agli altri è un vizio dell’uomo. Vedi, un autore spera sempre che una sua commedia serva a qualche cosa.

Eduardo De Filippo a Corrado Augias, Il teatro è vivo: eccomi qua, “L’Espresso”, 1 settembre 1974.

Probabilmente è stata la vita. […] Quindici o vent’anni fa si poteva ancora supporre, sperare, che dallo sfacelo generale si sarebbe salvata la famiglia, oggi quella speranza non c’è più. Ma se il personaggio di Gennaro Iovine rappresenta la categoria dei poveri, degli sbandati, dei diseredati, se insomma rappresenta una categoria particolare, il personaggio di Guglielmo Speranza, nel mio ultimo testo, allude allo sbandamento nostro totale, di tutti, e non ci sono più parole che possano esprimerlo un momento come questo, nonostante che il fondo non sia ancora stato toccato, secondo me.

De Filippo, intervista di De Monticelli, “Corriere della Sera”, 24 maggio 1984.

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Ogni anno di guerra, signore e signori, ha contato come un secolo della nostra vita di prima. Davvero non è il caso di tornare a quelle vecchie storie. La commedia di stasera ha un primo atto che si riallaccia a quel genere: le conseguenze della guerra viste attraverso la lente della farsa. […] Insomma, era finita La cantata dei giorni pari e cominciava La cantata dei giorni dispari. I giorni pari erano quelli che credevamo sereni. Li credevamo, bada, era un’illusione.

Mario Stefanile, Gli esami non finiscono mai, “Il Mattino”, 28 gennaio 1975.

Famiglia e società sono i due poli intorno ai quali ruota anche questa amarissima commedia. […] Una commedia che è specchio non tanto di misantropia quanto di angoscia d’essere tutta la vita un oggetto da vivisezionare per mera curiosità e indiscrezione da parte di una famiglia sbagliata e una società corrosiva.

Published in: on 21 novembre 2008 at 02:57  Lascia un commento  
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Eduardo intervista con Jacobbi, “Il cosmopolita”, 1 aprile 1945.

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Il teatro che voglio fare adesso è un teatro dove l’intrigo deve essere ridotto al minimo; vorrei addirittura arrivare a un teatro senza fatti: un teatro di cronaca quotidiana.

Eduardo De Filippo, intervista con Ruggero Jacobbi, “Il Cosmopolita”, 1 aprile 1945.

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La guerra, io penso, ha fatto passare cent’anni. E se tanto tempo è trascorso, io ho bisogno, anzi il dovere, di scrivere dell’altro e di recitare diversamente.”

Eduardo De Filippo, I capolavori di Eduardo, vol. I, Torino, Einaudi, 1973, p. VII.

Alla base del mio teatro c’è sempre il conflitto fra individuo e società […] tutto ha inizio, sempre, da uno stimolo emotivo: reazione a un’ingiustizia, sdegno per l’ipocrisia mia e altrui, solidarietà e simpatia umana per una persona o un gruppo di persone, ribellione contro leggi superate e anacronistiche con il mondo di oggi, sgomento di fronte a fatti che, come le guerre, sconvolgono la vita dei popoli.

Published in: on 21 novembre 2008 at 02:23  Lascia un commento  
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